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Clara Soccini non è solo un corpo: il talento va difeso, anche dalla violenza travestita da opinione

    Nelle ultime settimane, Clara Soccini – conosciuta semplicemente come Clara, artista emergente della musica italiana e attrice rivelazione nella serie Mare Fuori – è stata travolta da un’ondata di commenti velenosi, molti dei quali concentrati non sul suo lavoro, ma sul suo corpo. L’oggetto del dibattito? Il suo seno, i suoi abiti scollati, la sua femminilità esibita. La verità? Si tratta di una nuova, lacerante dimostrazione di quanto ancora oggi la figura femminile nello spazio pubblico venga letta, giudicata e spesso derisa attraverso una lente sessista

    Clara è giovane, è bellissima, ha un corpo prorompente – ma soprattutto è talentuosa, sensibile, in grado di interpretare ruoli intensi e di scrivere testi che parlano a una generazione intera. La sua immagine, oggi al centro della scena mediatica, è frutto anche delle scelte di agenzie, stylist, case discografiche: un mix di identità, mercato e costruzione artistica. Pensare che ogni outfit sia un’auto-esposizione strategica significa ignorare le dinamiche reali dell’industria culturale. E anche quando un look fosse una scelta autonoma, questo non autorizza una pioggia di commenti sprezzanti, paternalisti o apertamente sessuali.

    Ed è ancora più paradossale che tutto questo avvenga a poche ore dal Primo Maggio, giornata in cui si celebrano i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, compresi quelli del mondo dello spettacolo. Proprio mentre moltə ricordavano l’importanza di tutelare chi lavora nel settore artistico e musicale, Clara veniva derisa per il modo in cui si presenta mentre fa il suo lavoro. È questa la tutela che promettiamo alle artiste? È questo il rispetto per chi sta costruendo una carriera con impegno e talento?

    Molti sostengono che “essere personaggi pubblici” significhi accettare le critiche. Ma c’è una differenza sostanziale tra la critica e il disprezzo. Tra l’opinione e il body shaming. Tra il giudizio estetico e la derisione. Il fatto che una persona abbia visibilità non rende legittimo ogni tipo di commento. I social non sono una terra franca dove tutto è permesso. L’invito alla responsabilità non è censura: è rispetto.

    Essere nel mirino del pubblico non è una colpa. Esporsi, mostrarsi, comunicare sé stessə fa parte del mestiere di chi lavora nello spettacolo. Ma farlo in modo libero e personale dovrebbe essere possibile senza subire aggressioni. Clara ha deciso di non rinunciare alla sua espressione, e questo – che ci piaccia o meno – è un atto di autodeterminazione, non una provocazione.

    Difendere Clara significa difendere l’idea che una donna possa esistere nella scena pubblica senza dover continuamente giustificare il proprio corpo. Significa ribadire che la bellezza, anche quella che sfida le convenzioni o che attira l’attenzione, non deve essere punita. E che la libertà di parola non è un lasciapassare per il sessismo.

    Celebrare il lavoro significa anche rispettare le persone mentre lavorano. Anche quando il lavoro si fa su un palco, con un microfono in mano e un abito che non risponde ai nostri gusti. Clara merita rispetto. Come artista, come lavoratrice, come persona.